Lo smart working è qui per rimanere?

  • 06/11/2020
  • 10:00
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Lo smart working è destinato a scomparire con la fine dell’emergenza pandemica o al contrario sarà un lascito definitivo di questa fase molto particolare della nostra storia? Un tema molto discusso, cui è stato dedicato il nuovo appuntamento di Sparks Of Knowledge, il ciclo di webinar con lo sguardo rivolto al futuro promossi da Badenoch and Clark.

Ammettiamolo: se c’è una domanda che ci siamo fatti negli ultimi mesi (insieme a quando finirà la pandemia e quando potremo verosimilmente avere il vaccino…) è sicuramente quella sul destino dello smart working: il nuovo modello organizzativo, reso familiare alla maggior parte degli italiani dallo choc del lockdown, è destinato a scomparire con la fine dell’emergenza pandemica o al contrario sarà un lascito definitivo di questa fase molto particolare della nostra storia? Un tema molto discusso, cui è stato dedicato il nuovo appuntamento di Sparks Of Knowledge, il ciclo di webinar con lo sguardo rivolto al futuro promossi da Badenoch + Clark, la società del gruppo Adecco specializzata nel recruitment di alti profili.

Futurologi e HR a confronto

Al webinar hanno partecipato il professor Roberto Poli, titolare della cattedra Unesco sui Sistemi anticipanti, Marco Bentivogli, autore del libro “In Dipendenti: guida allo smart working”, la HR Head di Sony Marcella Cerchioni e la HR Director di Engie Italia Sara Callegari. Interessanti gli spunti proposti dai relatori, a partire da quello del professore: Poli ha ricordato come lo smart working non sia in realtà legato all’emergenza Covid, ma fosse un cambio di paradigma organizzativo già presente in embrione nel mondo del lavoro, cui il trauma della pandemia ha dato la spinta decisiva, quella necessaria a far partire la trasformazione.”L’Italia è troppo abituata a vivere solo il giorno per giorno” ha sottolineato Poli. “Al contrario, proprio per la velocità con cui avvengono i cambiamenti, bisognerebbe iniziare a ragionare sui futuri disponibili a 20/30 anni, per individuare le modalità per affrontarli al meglio.

Lo smart working non è il telelavoro

È il tema su cui si è soffermato Marco Bentivogli: “il lockdown ha in un certo senso “scongelato” tempi e luoghi di lavoro diversi. E chi lo considerava cosa per pochi ha dovuto ricredersi e sperimentarlo. Però si è fatto più telelavoro che smart working nel senso stretto del termine, manca ancora la parte legata al lavorare per progetti e per obiettivi”. Sul fatto che lo smart working sia destinato a rimanere, Bentivogli non ha dubbi: “Al meeting di Rimini, Mario Draghi ha ricordato come già il 20% dei lavoratori americani sia convinto che questa modalità di lavoro sarà un lascito permanente di questa emergenza”.

Serve un cambio di cultura aziendale

Marcella Cerchioni e Sara Callegari hanno invece portato le proprie esperienze concrete, ponendo l’attenzione su un punto determinante: per le aziende non è così complicato mettersi nelle condizioni tecniche di poter adottare questa nuova modalità organizzativa. Sia Sony che Engie hanno gestito in modo veloce e positivo questo cambiamento all’inizio del lockdown. Il problema è più che altro culturale, nella capacità di pensare questo orizzonte finora inedito come la nuova normalità, implementando il vero smart working fatto di condivisione, lavoro per progetti e obiettivi, senza i vecchi modelli di tempo e spazio. Insomma, nessun dubbio che lo smart working sia qui per rimanere. L’importante sarà farlo diventare davvero il modello dominante e non accontentarsi solo di spostare nelle case dei lavoratori i meccanismi e gli schemi fin qui adottati.

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