Ripresa. Una parola che si pronuncia sussurrando, per non sfidare troppo la sorte e la scaramanzia, ma che nel mercato del lavoro si comincia a intravedere. Certo, non con volumi massicci e non in tutti i settori, ma in termini che possono contribuire a riportare un po’ di fiducia nel mondo delle imprese.
Ripresa. Una parola che si pronuncia sussurrando, per non sfidare troppo la sorte e la scaramanzia, ma che nel mercato del lavoro si comincia a intravedere. Certo non con volumi massicci e non in tutti i settori, ma in termini che possono contribuire a riportare un po’ di fiducia nel mondo delle imprese. “Oggi vediamo un mercato in ripresa, anche perché lo shock Covid si è un po’ stabilizzato rispetto a febbraio e marzo, quando non si riusciva a mantenere la rotta”, spiega Francesco Manzini, Executive Director di Spring. “Dopo il panico iniziale, dovuto anche al blocco delle frontiere che impediva il transito delle merci, le aziende si sono riorganizzate grazie anche alla differenziazione dei fornitori e questo ha consentito di trovare un momento di ripresa”.
I settori trainanti
“Tutto quello che riguarda il mondo dell’It e del digitale sta andando molto forte, addirittura con un’accelerazione”, spiega Manzini. “Così come tutta la filiera del chimico-farmaceutico, l’alimentare e l’energia sono in una fase positiva. Settori più tradizionali come il metalmeccanico e l’impiantistica si stanno ristabilizzando”. "Per quanto riguarda i profili più ricercati ci stiamo focalizzando su quelli con un alto know-how tecnico, mentre abbiamo notato un forte rallentamento per quelli legati al mondo delle Vendite, per cui si cercano spesso sostituzioni con esperienza e con un portfolio di clienti a disposizione".
Gli effetti a lungo termine
Una crisi epocale come quella del Covid non può non lasciare strascichi anche a lungo termine. In questo senso però sarà importante valutare, oltre all’impatto sull’occupazione, quello sull’organizzazione. “In questo periodo anche realtà con una struttura molto tradizionale hanno cominciato a vedere gli effetti positivi dello smart working”, suggerisce ancora Francesco Manzini. “Si sono accorte che consentire alle persone di lavorare da casa non influisce sulla produttività, molto spesso la migliora. A questo proposito molte società stanno valutando di rivedere gli spazi dei loro uffici, dove possono decidere di fare entrare meno personale, sempre però con il distanziamento previsto dalle nuove norme”. Ma non bisogna pensare che alla lunga questa modalità di lavoro non presenti delle criticità. Magari con un impatto apparentemente non pesante, ma che bisogna comunque imparare a prevedere e a gestire.
La parola chiave è: coinvolgimento
“Lo smart working ha tanti effetti positivi”, commenta Manzini. “Bisogna però fare attenzione a non confonderlo con il telelavoro, ovvero con una modalità che prevede solo l’attività lavorativa in un altro luogo. Fare smart working invece vuol dire cambiare i paradigmi delle aziende, fornire KPI e processi diversi ai lavoratori e supportarli nel team building e nel raggiungimento degli obiettivi, oltre ovviamente a lasciare libertà negli orari di lavoro, responsabilizzandoli all’obiettivo. Queste novità, se non monitorate, rischiano di allontanare il lavoratore dall’azienda e dal suo team di riferimento”. Per questo sarà importante trovare nuovi strumenti e nuovi approcci per favorire il team building e coinvolgere le persone. “Non bastano le call per tenere unito il gruppo”, suggerisce ancora Manzini. “Bisogna trovare il modo di far partecipare le persone a processi condivisi”. L’altra criticità è sul fronte dei giovani, che in una situazione di smart working hanno oggettivamente più difficoltà a essere formati, perché manca il contatto giornaliero con il proprio mentore, la persona di riferimento. Criticità che possono essere affrontate e risolte, e che non sminuiscono i molti aspetti positivi dello smart working. “Mi auguro che non ci sia un ritorno indietro rispetto a questa tematica”, conclude Manzini. “Perché lo smart working potrebbe consentire alle persone di rimanere nei propri luoghi di origine con molte ricadute positive sullo sviluppo dei territori meno ricchi. Per esempio ci potrebbero essere poli informatici diffusi in Basilicata o Molise, che sicuramente sarebbero una ricchezza per tutto il paese.